sabato 26 settembre 2009

Dietro fragili maschere


..."Mi sento grande...è per scacciare le paure...così gli altri non mi prendono in giro e posso entrare nella loro compagnia..."
Questa è la definizione di sigaretta, e di fumo, che danno spesso i giovani.
Non voglio condannare o giudicare nessuno, ma come motivazione mi sembra alquanto povera, che si dissolve nel nulla come quel soffio di fumo.
Così è la moda, la droga, alcune parole pittosto che altre, alcuni gesti che vengono classificati come bravate ma che possono essere molto pericolosi.
Così sono gli adolescenti, chi più chi meno....si nascondono dietro maschere che portano solo a spezzare, o perlomeno rovinare, le loro ali...farfalle che non voleranno più leggere e felici come prima perchè oppresse da un vento potente: l'illusione di una vita facile, senza fatiche e l'illusione che se si è come gli altri allora si va bene, altrimenti si è spazzatura.
Fragilità che non portano alla luce le loro grandi qualità...maschere che dobbiamo aiutare a togliere!

Vita...tra amore, dono e morte


Afghanistan, sei parà italiani della folgore morti. Sei giovani vite spezzate per sempre...ricordo indelebile nei cuori di chi gli viveva accanto ed esempio per tutti noi. Sei giovani con le loro ansie e paure partiti per una terra lontana, una terra di guerra. Giovani con una grande missione, chiamati a portare la pace! Uomini che donavano ogni giorno la loro vita per garantire un minimo di sicurezza, mani che portavano cibo e aiuti alla popolazione provata, sorrisi e sguardi che donavano serenità ai bambini....riportando, per chi era papà, il viso del figlio. Figli che attendevano con ansia i loro genitori, figli orgogliosi dei loro papà. Figli che ora versano lacrime...e figli che ancora una volta sanno stupire, come i loro genitori.

venerdì 25 settembre 2009

...viviamo in un mondo di miracoli: ogni uomo!


" Dio è qui ora, accanto a noi.
Possiamo vederlo in questa nebbia, in questo suolo, in questi abiti, in queste scarpe.
I suoi Angeli vegliano quando noi dormiamo e ci aiutano quando lavoriamo.
Per ritrovare Dio, basta guardarsi intorno! "

(Paulho Coelho)

mercoledì 2 settembre 2009

Con occhi nuovi...

Ed eccomi qui! Le vacanze ormai sono finite...direi volate! Ho passato questi tre mesi tra i monti con tanti ragazzi, tra attività, scampagnate, giochi, risate e anche qualche pianto. Giorni magnifici e molto intensi!...sinceramente un pò di stanchezza si sente, ma il cuore è pieno di gioia...ecco il bello di essere animatori/educatori francescani e di AC!
Oggi scorro le foto, riguardo le dediche che mi hanno lasciato, rivivo dentro di me momenti e volti, parole e silenzi...è ancora tutto un groviglio immerso nelle emozioni, ma qualcosa piano piano esce:
ricordo i volti dei ragazzi all'entrata della colonia, chi spaesato, chi fremeva, chi già sentiva la nostalgia di casa....e ricordo i loro occhi l'ultima sera davanti al fuoco, occhi sorridenti, pieni di vita, occhi bagnati di lacrime per "l'arrivederci al prossimo anno" del giorno dopo.
Ricordo il piccolo Davide che ogni mattina si arrampicava, come una scimmietta, su di me per darmi il buongiorno con un bacino....Francesca con i suoi grandissimi occhi blu....le infinite parole di Aurora....la timidezza di Irene....la simpatia di Alessandro....la dolcezza di Giorgia...potrei continuare per ore ad elencare tutte le magnifiche creature che hanno reso splendide queste giornate.
GRAZIE! Grazie ragazzi, grazie animatori che siete stati come fratelli e sorelle...grazie ai cuochi...e un grazie speciale ai frati:i nostri angeli custodi! E per ultimo, ma non meno importante, anzi....GRAZIE GESù! Grazie perchè in ognuno di loro ho incontrato Te!

lunedì 24 agosto 2009

La gioia di cambiare...di vivere!

Una splendida e significativa testimonianza di una ragazza; una ragazza che ha avuto il coraggio di cambiare. Un cambiamento avvenuto grazie ad una tour in Sardegna, ma soprattutto un cambiamento avvenuto grazie ad una grande famiglia di giovani...per dimostrare che assieme si possono fare tante cose, tanti passi per il bene...importante è avere una meta, essere pellegrini, non vagabondi!


CIAO a tutti! C'è molto da dire veramente, ma non vorrei portarvi all'esasperazione scrivendovi un saggio di decine di pagine.
La mia esperienza la dedico a tutti e in particolare alle persone che forse ora si sentono sole, soffrono e credono non ci sia nessuno che possa capirle o aiutarle... Vi parlerò del prima e del dopo per darvi una giusta idea di quello che hanno significato per me le Pelli.

Vi parlo di una ragazza di 24 anni che finita l'università andò a lavorare a Londra (l'amore della sua vita). All'inizio tutto era ok ma piano piano senza rendersene conto andò in frantumi letteralmente, fisicamente e psicologicamente.
Il 19 giugno mi sentii male per la seconda volta mentre ero con amici... e bastò per far chiudere la vera Paola in un "cassetto" della sua testa e per rimpiazzarla con un fantasma.
Da quando tornai a casa a settembre Paola, io, me stessa non esisteva più, non viveva più. Lei c'era fisicamente ma dentro il meccanismo fantastico che è in ognuno di noi, che ci fa vivere al 100%, ridere e mettersi in gioco si era fermato, era bloccato da qualcosa che si chiama ansia...
Ogni giorno era un giorno NO!! Ogni giorno Paola voleva uscire con gli amici o accompagnare la mamma a fare la spesa o andare a correre ma non si poteva fare perchè c'era il fantasma di lei. Il fantasma chiamato ansia era pronto ad attaccare, a farsi vivo e a bloccare i suoi movimenti...
e puntualmente egli la attaccava e la bloccava...
Questo andò avanti mesi e mesi...
E ti senti da schifo, pensi di non essere in grado di uscirne, pensi di non riuscire a tornare normale. Forse alcuni ora staranno pensando "esagerata!!" ma credetemi se non ci siete mai passati in un abisso del genere non potrete mai capire.
A complicare il tutto vi era anche la situazione che vivevo 24 ore su 24 in casa mia: mia mamma ammalata di parkinson oramai da 3 anni non era più mia madre, non la vedevo tale, tutto in lei era cambiato, quasi spento. Tutto, eccetto il suo morboso attaccamente per i suoi figli.
Quindi per farla in breve: io non c'ero con la testa, ero tutto il giorno in casa e per mesi con mia madre che mi chiamava in media 30-40 volte al giorno per delle stupidaggini e io che mi ODIAVO perchè non riuscivo a risalire dalla corrente, io che non ce la facevo a venirne fuori.
Ricordo ancora il giorno in cui una mia amica mi chiese se volevo andare con lei in Sardegna e con il suo gruppo che si chiamava "Pelli non so che". Era marzo o aprile. Io le risposi che mi sarebbe piaciuto veramente ma che con i problemi dell'ansia che avevo era impensabile, cioè non ci sarei mai riuscita......
Poi piano piano le cose iniziarono a migliorare perchè dopo due mesi di gocce ero riuscita a sbloccarmi e l'ansia si sentiva meno, la sentivo meno dentro di me e dentro alla mia testa.
Ma restava comunque un altro peso, un'altra angoscia enorme, insormontabile: mia madre!
Come potevo accettare il fatto che ora era ammalata? XKE proprio lei?
Dentro di me sentivo un'angoscia, una tristezza tanto profonda come se lei fosse morta. E me la prendevo con Dio, cosa che fa spesso la gente quando non sa dove sbattere la testa. Perchè sentivo che non mi aiutava e non aiutava lei: non sentivo nulla da Lui. Zero risposte e zero aiuto.
All'inizio cercavo di essere paziente con mia mamma, 1,2,3,4,5,6 volte ma poi quando non ce la facevo più mi incazzavo con lei, le urlavo dietro tanto da aver male alla gola e le bestemmiavo addosso. Si bestemmie, una dopo l'altra.
Quella era l'unica cosa che potesse ferirla e che voleva che io non facessi: allora io lo facevo. Io ferivo mia madre come non lei, ma il suo parkinson, stava facendo con me. La sua malattia stava annientando me, bello no??! E così passavano i giorni... E più stava male lei più stavo male io.
Questo era il PRIMA. Questo ero IO prima.

Arrivò la partenza per la Sardegna. Non sapevo NULLA di quello che "loro" chiamati Pelli Sintetiche avevano organizzato. Effettivamente non sapevo neanche chi fossero. Vuoto totale.
Il primo giorno è stato duro perchè il viaggio sembrava interminabile ed è anche nebuloso poichè sentivo ansia.
Ma fin dall'inizio percepivo qualcosa di strano, non so come spiegarlo. Tante risate, abbracci, baci, sorrisi, .... tanti, forse troppi per i miei gusti!!
Ragazzi/e che guardavano, fissavano altri ragazzi in un modo strano... boh, non capivo.

La domenica sera la prima cosa che mi ha alleggerito il cuore e l'anima: le risate!! A cena due ragazzi hanno iniziato sparare battutte e stupidaggini di tutti i colori e io ho riso, riso fino alle lacrime. Era forse un anno o più che non ridevo così. Li ho perfino ringraziati anche se immaginavo che sarebbe sembrato stupido ringraziare qualcuno xke mi aveva fatto ridere!!...Ma volevo dirglielo, farglielo sapere comunque.

Il concerto:
Il primo concerto da Pelli. Indescrivibile. Continuavo ad essere ansiosa, agitarmi. Xke? Non sapevo che dovevo fare! A tutti dicevo che non sapevo i testi e non sapevo come ballare le canzoni e tutti mi sorridevano e mi rispondevano "Massì, fai quello che riesci.... fai quello che ti senti di fare.... non importa puoi ballare come vuoi...."
A concerto finito sentivo un qualcosa attorno a tutti noi: gioia, felicità, allegria, sguardi che ti trasmettevano tante cose, tante sensazioni ma soprattutto AMORE, UN VOLERSI BENE PROFONDO, VERO, PALPABILE.
Li guardavo dal palco, da sola. Tutti si abbracciavano e si bisbigliavano qualcosa o si baciavano. Io li guardavo perplessa, sbalordita e per pochi minuti non capivo il perchè di tutta questa commozione.
Poi, piano piano, da persona esterna che ero e che mi sentivo sono stata inglobata anch'io dalla marea di abbracci, ringraziamenti, frasi bellissime e POTENTI. Inutile cercare di spiegare le sensazioni provate.. Come se fossero tutti mia sorella o mio fratello (e li conoscevo solo da 2 giorni!!!) Straordinario...
Anche le canzoni e il ritmo delle Pelli sono fantastici: quando suonavano i djembe non riuscivo a stare ferma, è come se il ritmo "mi imponesse" di muovermi.... è una cosa bellissima. Mentre balli e canti non hai e non senti nessun problema che prima ti assillava, ti diverti ma bensì ringrazi il Signore di essere lì in compagnia con queste persone splendide e quando incroci gli sguardi degli altri senti che la felicità ESPLODE dappertutto!!!!! E' stata una cosa senza precedenti a tutti gli effetti!!!


Condivisioni:
Una cosa importante e intensa che facevamo ogni giorno era la "condivisione" ovvero divisi a coppie ci si parlava e ci si conosceva. Personalmente se ci ripenso ora, credo che quello che abbiamo più condiviso con le persone che ci stavano di fronte fosse la nostra ANIMA!
E' vero. Non lo scrivo per fare impressione o perchè sembra una cosa "tanto carina da scrivere".
Parlando con i diversi ragazzi, mettevo tutte le carte in tavola, positive o negative che fossero; tutte le carte del castello che avevo costruito nella mia testa. Un castello le cui fondamenta erano la paura, l'angoscia, il rifiuto di Dio, il creare grossi problemi da piccoli imprevisti della vita!
HO PARLATO MOLTO.
Ho detto tanto, tutto quello che mi angosciava l'ho buttato fuori e tutti mi hanno aiutato con frasi profonde, cariche di significato; tutti mi hanno fatto capire veramente che vivere la propria vita con Dio, pregando, FA LA DIFFERENZA. E me l'hanno fatto capire e continuano a farlo anche ora attraverso le parole ma tanto più attraverso ogni loro gesto di vero affetto, sorriso, abbraccio ed esperienza personale.

Che dire ancora?
Quella settimana è stata ed è tuttora fondamentale per il mio cambiamento, la mia trasformazione.
Si, mi sento molto come Peter Parker che dopo la puntura del ragno inizia la sua repentina metamorfosi in Spider-man.
Sento che il tour di soli 7 giorni mi ha cambiato ma non voglio dire con questo che ora sono prefetta e ho capito tutto dalla vita ecc ecc.. NO.
Ha spento in parte l'interrutore di certe preoccupazioni e angosce che continuava a logorarmi ed ha acceso la luce nella mia testa e nella mia anima, che ultimamente "soffriva DI BRUTTO!"

Ora finita l'esperienza bisogna ritornare alla normalità, alla quotidianità, al fatto che certe cose della tua vita non vanno come vorresti o come le avevi programmate. Ma del resto come dice Anthony De Mello ("scoperto" grazie ad un libretto preparato per il tour) la realtà non si può cambiare e cercare di cambiarla e da pazzi!!
Prima delle Pelli cercavo disperatamente e morbosamente di cambiare mia madre, di farla tornare come era 3 anni fa, ma è impossibile, da pazzi!! Ora non più. Ho capito.

Non so effettivamente che fare del mio futuro, non lo so ancora anche se ho 24 anni, non so che lavoro fare, non so quanto e come peggiorerà mia madre, non so tante cose........
Ma SO che Dio ci aiuta e ci segue sempre, anche se non lo vediamo o sentiamo, e questo grazie a voi PELLI SINTETICHE.
Mi avete dato tanto, tantissimo e cercherò di dare anch'io tanto nella mia vita e soprattutto al prossimo.
Non è facile e non sarà facile ma voglio crederci e provarci.......come voi!!
Un vero ed enorme grazie di cuore a tutti quelli del Tour, siete sempre con me!!
Un bacio a tutti tutti

lunedì 27 luglio 2009

...Grazie piccole anime belle per avermi riempito il cuore

Ancora una testimonianza dall'ospedale di Gornja Bistra..

Da dove inizio?? mmmm...bè posso iniziare con il dire che il gruppo con cui sono partita era fantistico, che più strano e improbabile da mettere insieme non si poteva. Ma da subito, tra di noi è scattato qualcosa di particolare: era come se ci conoscessimo tutti da una vita, come se avessimo già fatto un viaggio insieme e questa dolce sensazione ci ha tenuto compagnia per tutta la settimana...anche durante gli imprevisti! ( il pulmino che magicamente ci chiude fuori (grazie ale davvero!) e la casetta che per poco va a fuoco).
...ora però arriva la parte difficile...
dunque..mmm....(ma quanto è difficile???????) al nostro arrivo, ad aspettarci in casetta c'era la referente, Cristina una ragazza tanto dolce e con la testa un pò tra le nuvole: pure con lei abbiamo avuto la medesima e reciproca sensazione di conoscerci già.
ovviamente è lei che ci ha fatto da "cicerone" all'interno dell'ospedale...
Non appena entrata in quel vecchio castello, i miei pensieri hanno iniziato a viaggiare velocissimi e si sono scollegati dal resto del mondo; durante quella settimana per me non c'è stato nient'altro.
Poi, mentre Cristina ci spiegava alcune cose, ho iniziato a dare una sbirciatina qua e la nelle camere e subito è nata la prima di una lunga serie di domande: che cavolo posso fare io per questi bambini??? la risposta è stata: NIENTE. ero disorientata davanti a quello che vedevano i miei occhi e non sapevo davvero cosa fare: la vera disabile ero io.
Poi, i bambini hanno fatto la magia: mi hanno reso cieca e i miei occhi non vedevano più nè handicap, nè deformità, ma solo piccoli angeli con una grande voglia di vivere e un profondo attaccamento alla vita. Cose che ha me ha trasmesso in modo particolare la mia ragnetta Kristina: con le sue piccole manine si attaccava forte al camice (o camicie? bo!) e non lo lasciava più... ed io non volevo lasciarla più!
Dopo pochi minuti passati in ospedale con i bimbi, ho capito che non dovevo fare niente, se non lasciarmi guidare dall'amore...che inevitabilmente, inizi a provare per questi "esseri speciali"...poi ogni cosa sarebbe venuta da sè.
E così è stato: ogni istante passato era un susseguirsi di emozioni...ogni loro piccolo gesto era un avvenimento e una festa per tutti noi (il piccolo Leo ha imparato a gattonare!).
In 7 giorni, mi sono resa conto che questi bambini, percepiscono ogni tua emozione e stato d'animo...e se penso al gesto che Tyson ha fatto sabato sera mi vengono i brividi: mi avevano appena portato via (mi hanno strappato la carrozzina dalle mani) la mia Kri, e mi era venuto da piangere...lui stava mangiando con Cristina, (la referente) ed io mi sono seduta vicino a loro..Tyson quando mi ha vista, ha allungato una manina e me l'ha passata sulla guancia....è stata un'emozione fortissima.
Ora porto dentro di me questo tesoro, che custodirò con gelosia.
Porto dentro i loro sguardi, i loro sorrisi, le loro grida, i loro silenzi....silenzi che raccontano il loro mondo. La vera missione in 7 giorni sono stati loro a compierla...sono riusciti a donarmi qualcosa di immenso...loro stessi.
ed io, cosa sono riuscita a donare a loro? non lo so...ancora non l'ho capito...
Quello che però ho capito è che ogni vita non è vana...MAI! che:
"...siamo noi gli inabili che pur avendo a volte non diamo..."

é stata un'esperienza bellissima...e ancora non faccio che pensarci...
Grazie piccole anime belle per avermi riempito il cuore....
Ritina

sabato 25 luglio 2009

..c'è sempre qualcosa da imparare!

Ecco la testimonianza di Giulia, ragazza in missinoe a Manaus con il gruppo Ra.Mi (www.ragazzimissionari.it).

UNA mattina come un’altra nelle assolate strade di Manaus, Amazzonia, Brasile.
Nel quartiere di Coroado il traffico a volte sembra scorrere intenso, neanche si fosse a Time Square: solo che a travolgerti non sono le mercedes o le fuoriserie di ricchi uomini d’affari occupati tutto il giorno ad accumulare soldi sulle spalle altrui, ma le carrette succhiabenzina che pochi fortunati si possono permettere per correre in qua e in là, cercando di lavorare furiosamente per arrivare a sera con qualcosa da mettere in tavola, sono i motorini scassati di quelli un po’ meno fortunati che si accontentano di girare il bairro, se tutto va bene, prima di celebrare le esequie del proprio mezzo di locomozione, sono le biciclette oppresse dal peso a volte di un’intera famiglia, che riescono a malapena a condurre una mamma e il suo figlioletto di nemmeno tre anni verso un asilo piccolo, bianco, ben curato, dove quattro signorine vestite di bianco e di azzurro lo cureranno amorevolmente fino a sera.

È finita un’altra giornata di duro lavoro per gli abitanti del bairro di Coroado, Manaus, Amazzonia, Brasile.
Il traffico che tutto il giorno imperterrito ha continuato a scorrere come un fiume in piena, come una corsa all’infinito alla ricerca di chissà che cosa, sta piano piano rallentando. Sono dei girasoli, questi brasiliani: il loro ritmo si accorda perfettamente a quello del Sole, e quando questi dà segni di stanchezza, e comincia ad avvolgersi molto velocemente di calde coperte rosse prima di sparire nella notte più buia, ogni occupazione giornaliera si volge lentamente al termine, e tutto ciò che è sole, che è ricerca, che è affanno e fatica di costruirsi attorno una Vita Migliore reclina il capo dolcemente, e lascia spazio alle attività notturne, quelle che si lasciano andare alla disperazione, al bisogno di calore, qualsiasi calore umano, al desiderio di fuggire da una situazione che non vuole cambiare, all’abbandono in tutto ciò che può sembrare un rifugio abbastanza gradevole.
Ma questa è la notte, è l’altra faccia del popolo che soffre ridendo, quando il sole è alto, e se si lascia andare è solo al coperto delle tenebre di una notte silenziosa, che saprà mantenere il segreto.

IN mezzo a tutto ciò c’è quel fugace momento, quello in cui una faccia del mondo passa il testimone all’altra, quella in cui il Sole comincia a cambiare vestito, quella in cui i ragazzini sono ancora per strada, a piedi, e tornano da scuola, senza troppa fretta perché chissà cosa li aspetta a casa, e allora perché non dilungarsi ancora in una risata, un gioco, uno scherzo rubato a quel tempo così piccolo quando ancora il giorno non è andato a dormire, c’è ancora tempo per giocare con un aquilone.
I ragazzini si mescolano all’ondata di persone che non hanno né carrette succhiabenzina, né carretti veri e propri, né motorini scassati, né biciclette piegate dal peso di tanta gente, ma semplicemente i loro piedi, a volte scalzi, altre muniti di ciabattine da quattro soldi, qualcuno chissà, forse con un paio di scarpe quasi vere.
Me ne sono accorta fin dai primi giorni della mia permanenza all’asilo delle suore di Madre Teresa, a Coroado: me ne sono accorta proprio durante uno dei miei lavori, che era quello di sistemare le scarpette dei bambini tutte in fila su un tavolinetto, pronte ad essere riconosciute dalle loro mamme una volta giunta l’ora di tornare a casa… i poveri non sono tutti uguali.

OGNI essere umano, da che mondo è mondo, ha la tendenza di semplificare i concetti che si formano nella sua mente, al fine di ricordarsene in grande quantità, e molto più facilmente: così ci sono i ricchi da una parte, e i poveri dall’altra.
Ma se io dicessi una cosa del genere a quella che era la mia vicina di casa, a Coroado, non mi capirebbe. Esistono numerose differenze anche tra quelli che noi banalmente chiamiamo “poveri”, e sono più esattamente indicate dal fatto di avere una casa in legno o in muratura, di abitare in un’invasione o in un bairro, di avere la porta o meno, di avere un letto e un fornello oppure no, di avere semplici sandaletti appuntati con una spilla per non fare uscire l’infradito, o delle scarpette chiuse che possano perlomeno dirsi indossabili… e via dicendo.
I poveri non sono tutti uguali.

QUEL pomeriggio, esattamente in quel momento della giornata dove tutto sarebbe cambiato da un momento all’altro e presto non si sarebbe più potuto dire “boa tarde” ma “boa noite”, stavamo aspettando esattamente come tutti gli altri giorni che le mamme venissero a prendere i loro piccoletti, dopo una giornata passata magari a cercare lavoro, con almeno la tranquillità e sicurezza che i loro cuccioli erano protetti ed erano stati nutriti, rivestiti, lavati come sempre, e che come sempre grazie alle cure delle suore avevano potuto passare una giornata giocando come ogni bambino, divertendosi, preparandosi ad accogliere la loro mamma con un sorrisone che le avrebbe ripagate di tutta una giornata di fatica passata a sudare sangue per il loro futuro.
C’è una finestrella, con delle sbarre per evitare che i bambini si facciano male, che dà al cortiletto circondato dalle mura e dal cancello: lì i bambini spesso si affacciano aspettando la mamma, e stanno sempre con il nasino all’insù, guardano sempre qualcosa nel cielo con un’attenzione esorbitante. I primi tempi non ci facevo molto caso, tutta presa dalle ultime cose da fare, pulire i bambini dalle briciole dei biscotti, rimettere a posto i pochi giocattoli, rifare i loro zainetti… Ma poi quel pomeriggio non potei fare a meno di dar retta alla mia curiosità, e cominciai ad osservarli molto attentamente, per cercare di capire di che cosa quei bambini si stavano così meravigliando.

GLI AQUILONI, c’erano gli aquiloni nel cielo, quelli dei ragazzi che tornavano da scuola, che loro non avrebbero avuto mai forse… i bambini si incantavano a vederli fluttuare nel cielo, desideravano anche loro averne uno, allora si inventavano un gioco, e la loro fantasia li aiutava a realizzare almeno per finta un loro piccolo grande sogno. Con la creatività di chi non ha niente ma non può disperarsi, perchè è solo un bambino, questi piccoletti cominciavano ad agitare le manine come se questo aquilone fosse diretto proprio da loro, e si divertivano così, fingendo di godere di un piccolo privilegio che la loro condizione non gli permetteva. Così sembrava proprio che l’aquilone fosse loro, così la cosa non arrivava a saturare i loro pensieri, magari a tormentarli e a far tormentare la mamma di capricci inutili anche perché irrealizzabili, e forse per questo più frustranti.
No, la cosa non poteva essere di loro possesso, ma non per questo si impossessava di loro…
E questo è un comportamento diffuso, che ho visto fare molte volte da tanti bambini anche un po’ più grandi, questo gesto così tenero di far finta di avere un aquilone di qualcun altro, e di dirigerlo con quelle manine verso il cielo… quante volte l’avrò visto fare per le strade di Coroado, e non solo!
E quanto da imparare ancora!